"Modica.
Città nobile, opulenta e popolosa, capo dell'antica ed amplissima
Contea". La descrizione ottocentesca, appartiene allo storico
ed ecclesiasta Vito Amico, ed elegantemente racchiude l'importanza
economica, politica e culturale di una città, le cui radici sembrano
affondare in tempi e circostanze remote e non sempre chiare.
Si
ha così notizia di una "Motyca" abitata dai Siculi attorno all'ottavo
secolo a.C., all'epoca delle colonie greche in Sicilia; lo storico
Carrafa (diciassettesimo sec.) narrò di monete trovate nel territorio
modicano, su cui era leggibile in lettere greche la parola "Motayon".
Sono queste solo alcune delle denominazioni della città nel corso
dei secoli, cui seguono: "Motica, Motuca, Mohac, ecc".
Tracce
più chiare si hanno di una dominazione di Roma, cui Modica, essendo
città decumana, versava un decimo dei propri raccolti, e di una
dominazione araba, che nell'845 conquistò il castello di "Mudiqah".
Un'occupazione
certa fu quella dei Normanni nell'undicesimo secolo, i quali "cacciarono"
i musulmani, peraltro introducendo il culto di San Giorgio,
cui Ruggero di Hautetville, capo dei Normanni, fu fedelmente devoto.
Il
titolo di Contea risale, seppur per un breve periodo, proprio al
dominio Normanno, quando Gualtieri, prode capitano di Ruggero, fu
designato Conte di Modica.
Ma
è soprattutto durante il dominio degli Aragona di Spagna (XIII -
XVII sec.), successivo a quello degli Angioini di Francia, che Modica,
come Contea, conobbe i suoi fasti maggiori, rappresentando, con
i Conti Mosca e soprattutto Chiaramonte e Cabrera, quel ruolo di
importantissimo potere locale, tipico del feudalesimo, che, per
autorità, ricchezza e magnificenza, nulla aveva da invidiare a quello
dello stesso Re, il quale solo indirettamente controllava il territorio.
Un
"Regno nel Regno", così è stato definito il fenomeno di organizzazioni
territoriali come la Contea di Modica che, pur formalmente create
dal Re, costituirono un potere effettivo ed un eventuale, essenziale,
appoggio economico e politico per ogni forma di potere centrale.
Ricordiamo
a tal proposito le essenziali parole di un diploma concesso a Bernardo
Cabrera nel 1392 da parte del Re di Sicilia Martino: "come io nel
mio Regno tu nella tua Contea".
Successivamente
la Contea perdette almeno in parte la sua importanza, con i Conti
Henriquez e, a titolo di citazione, Alvarez (XVIII sec.) e Fitz-Stuart
(XVIII e inizio XIX), quando il titolo di Conte aveva un significato
ormai essenzialmente formale e perduto ognuno dei suoi vecchi privilegi.
Sette
secoli di effettiva durata, dunque, quasi per intero sotto l'ombra
o la mano spagnola, che un forte segno ha lasciato nel nostro dialetto,
nella tradizione gastronomica, nei monumenti e nell'architettura
della città, e, naturalmente, nell'arte barocca che in Spagna trae
le sue radici.
Un
grosso segno, sicuramente, essi l'ebbero sul carattere e la personalità
della gente locale, che insieme ai segni lasciati dagli altri invasori
e all'essenziale strato "nativo", forgiano l'identità, ultima, del
siciliano.
Numerose
sono le rappresentazioni della città:
Modica,
"città delle cento chiese", secondo il conteggio dello storico F.
L. Belgiorno, includente anche le rovine e i resti del territorio.
Modica
città di Salvatore Quasimodo, scrittore e premio Nobel per la letteratura
nel 1959, e di Tommaso Campailla, scienziato e filosofo del '700.
Città
del famoso ponte, tra i più alti in Europa, dominando l'intera città,
e che congiunge la vecchia e la nuova Modica.
Città
del Castello, di cui rimangono una torre del diciottesimo secolo
e un, più recente, orologio. Entrambi simbolizzano la città.
Poi
la "città delle due città", Modica Alta e Modica Bassa.
La città dei deliziosi dolci e cibi tipici e dei colorati, splendidi
paesaggi del mare e della campagna.
Città
del Barocco e della Contea, testimonianti lo splendore e l'importanza
storica della città, in epoche passate, quando era tra le più belle
e potenti di Sicilia.
Infine
città dei disastri: naturali, come i terremoti del 1613 e del 1693,
e le alluvioni del 1833 e del 1902; umane, come rispettosamente
(per le vere catastrofi) giudicabile è la collocazione di certi
obbrobri architettonici in mezzo a contesti storici e artistici
di tutt'altra estrazione.
Sono
queste tutte rappresentazioni, forse limitative e frammentarie di
una città storica, i cui elementi e attività rappresentative sono,
nel corso degli anni, ovviamente,
cambiati, insieme a quelle di tutta la società.
Nonostante
questo e nonostante i mille problemi, soprattutto economici, che
la città attualmente affronta, una sorta di rivalutazione e apprezzamento
del suo importante passato sembra oggi quanto meno accennata, attraverso
una serie di attività promozionali e di investimento turistico,
principalmente riferiti al periodo della Contea.
L'ISLAM
A MODICA: MOSCHEE E DINTORNI
L'Islam:
una religione tanto antica quanto misteriosa ed affascinante. Chi
pensa all'Islam pensa automaticamente anche al dio dei musulmani:
Allah. E qual è il nome del luogo di culto, del tempio dove
i musulmani possono pregare il loro Dio? Ovviamente, la Moschea.
Un nome che forse, ai più, ricorderà qualche sfarzoso
edificio dalla luce sfolgorante e dalle alte cupole caratterizzate
da sgargianti colori. in effetti, la Moschea non è nulla
di tutto questo, almeno per quanto riguarda il pensiero degli stessi
musulmani: per loro la Moschea è semplicemente un luogo dove
pregare, preferibilmente in gruppo ma anche individualmente. Un
luogo costituito anche da una sola, piccola stanza, grande poco
meno di sette metri quadrati, priva di arredamento e quindi molto
spartana, il cui pavimento è coperto da un semplice tappeto
sul quale inginocchiarsi, rivolti alla Mecca, per pregare Allah.
E' questa, per forza di cose, la situazione dei musulmani presenti
attualmente a Modica, perlopiù di nazionalità marocchina.
Persone che annettono alla loro religione una straordinaria importanza
e alla quale dedicano, ogni giorno, gran parte del loro tempo, con
devozione estrema. Si diceva della Moschea: un modesto locale sito
nel centro storico della città, in via Arancitello, un'arteria
parallela al corso Umberto. Un insospettabile luogo di culto, del
quale pochi modicani sono a conoscenza, per via anche e soprattutto
della discrezione dei musulmani, un atteggiamento imposto dalla
loro stessa religione e che da qualcuno potrebbe addirittura essere
giudicato "snob". Niente di più sbagliato. Come
già ribadito, per i musulmani la religione riveste un'importanza
fondamentale, e secondo quanto stabilito da tale credo, solo coloro
che possono definirsi purificati, possono varcare la soglia di una
Moschea. A tutti gli altri (non musulmani) l'ingresso è preferibilmente
precluso, in quanto giudicati non puri e quindi indegni di entrare
nel sacro tempio di Allah. Ma cosa intende l'Islam per "purezza"?
Poche, semplici regole: prima di entrare all'interno di una Moschea,
il buon musulmano non deve aver assunto sostanze alcoliche e, soprattutto,
deve aver praticato le cosiddette abluzioni, consistenti nel lavaggio,
ripetuto per tre volte, di determinate parti del corpo, quali il
viso, le mani, i piedi e via dicendo. Solo allora una persona può
definirsi purificata, e quindi degna di entrare in una Moschea per
pregare Allah. A questo punto appare logico come non si possa sapere
con certezza assoluta se un non credente abbia osservato o meno
tali, semplici ma fondamentali regole, mentre un musulmano è
scontato che vi si attenga scrupolosamente. Da qui, la preclusione,
più o meno ferrea, dell'ingresso ai non credenti all'interno
della Moschea, in quanto il mancato rispetto di tali regole viene
visto come una grave mancanza nei riguardi di Allah.
La Moschea di Modica viene frequentata ogni giorno, compatibilmente
con i rispettivi impegni di lavoro o altro, da poco meno di 50 musulmani,
per la quasi totalità provenienti dal Marocco. La Moschea
è aperta ai fedeli per tutta la giornata: dall'alba fino
alla sera. Un ampio lasso di tempo durante il quale i musulmani
pregano cinque volte al giorno, dopo aver fatto le abluzioni, per
alcuni minuti, rigorosamente inginocchiati e rivolti verso la Mecca,
nella direzione dove sorge il sole. Si comincia per l'appunto all'alba,
si prosegue a mezzogiorno, poi nel primo pomeriggio. Si ritorna
a pregare in prossimità del tramonto e infine alla sera,
prima di andare a dormire. Ogni giorno, in gruppo o individualmente,
all'interno della Moschea o in qualsiasi altro luogo in cui ci si
trova quando è il momento di pregare. L'importante è
lasciare per qualche minuto da parte l'attività che si stava
svolgendo, per concentrarsi profondamente in modo da mettersi in
contatto spirituale con Allah, in una sorta di monologo interiore.
L'Islam, difatti, non prevede la figura del "tramite"
tra il fedele ed il suo Dio, come nel caso della religione cristiana:
ciascuno è libero di mettersi, per così dire, in "contatto
diretto" con Allah attraverso la semplice preghiera. Tale preghiera,
come detto, può essere praticata individualmente o in gruppo.
Nel secondo caso è prevista la figura dell'Imham, una sorta
di guida spirituale rappresentata da una persona di profonda saggezza,
con il compito di coordinare il gruppo durante la preghiera. Nei
paesi dove si pratica l'Islam, è altresì prevista
la figura del Mouzen: colui che, suonando un campanello, raduna
i fedeli in vista della preghiera. Una curiosità: il primo
Mouzen della storia dell'Islam fu una persona nera.
Dunque la maggior parte di coloro che noi chiamiamo generalmente
"marocchini" continuano a perseguire ogni giorno con una
devozione quasi maniacale una religione, come detto all'inizio,
per certi versi misteriosa, complessa e affascinante, con ben quattordici
secoli di storia alle spalle. Tutto ciò compatibilmente con
il lavoro (spesso retribuito male) e con svariati pregiudizi con
i quali fare i conti. Quanti di noi possono dire di essere altrettanto
nobili, da un punto di vista squisitamente spirituale? Dopo una
riflessione più o meno attenta, ciascuno saprà darsi
la risposta che merita.
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